Di seguito un'intervista ad Elvira Serafini su OrizzonteScuola dopo i risultati non esaltanti delle prove Invalsi soprattutto al Sud (Rapporto prove Invalsi 2019)...
Serafini SNALS: Flipped Classroom? Va bene, ma anche dettato e riassunto
Intervista orizzontescuola.it – 15 lug 2019 – 7,48 di Vincenzo Brancatisano
Il dettato serviva a puntualizzare l’uso di una fonetica e il riassunto creava in un alunno la capacità di sintesi, oggi non c’è più.
Questi esercizi importanti si sono persi. Elvira Serafini, segretaria nazionale dello Snals, risponde ai gravi quesiti indotti dall’ultimo rapporto Invalsi.
Gli studenti italiani non ne escono bene e di riflesso neppure i professori e l’organizzazione scolastica. I temi però meritano un’ampia riflessione che consenta di guardare con ampio respiro al contesto delle situazioni, poiché le prove invalsi, puntualizza Serafini, “non sono come le analisi di laboratorio, dove metto una provetta e ho subito un risultato oggettivo”.
Professoressa Elvira Serafini, i risultati delle prove Invalsi sulla qualità degli apprendimenti scolastici quest’anno sono sulla bocca di tutti.
“Sì, quest’anno sembra che l’attenzione mediatica sui risultati dell’Invalsi sia massima”.
Qual è il suo pensiero in merito all’utilità delle prove?
“Sono prove valide ma vanno contestualizzate e di sicuro dovrebbe essere rivisto sia il sistema dell’impostazione delle prove sia anche la valutazione”.
Comunque si tratta di risultati non sono positivi e da qui occorre partire. Ne esce una situazione non buona in generale, con una spaccatura tra le scuole del Nord e quelle del Sud, dove i risultati sembrerebbero imbarazzanti.
“Scendendo nello specifico, come si legge vengono fuori delle critiche sul piano dell’impegno dei docenti e questo non è assolutamente vero. Anzi l’impegno dei docenti è uguale su tutto il territorio nazionale, ma sui contesti, soprattutto sul contesto economico. Tutte le iniziative e gli impulsi che possono avere gli alunni che godono di uno stato economico positivo e che vivono la situazione di una famiglia agiata aiuta gli stimoli e facilita gli apprendimenti, dunque il gap denunciato è legato alla situazione della regione, delle province, dei comuni dove sono situate le singole scuole. Ecco allora che occorre contestualizzare prima di parlare e di dare la responsabilità ai docenti e ai dirigenti scolastici. Occorre guardare la situazione con ampio respiro e nello specifico guardare ad esempio anche al numero degli alunni per classe, che incide sulla possibilità di ottenere buoni risultati. Sono tanti i fattori importantissimi che andrebbero valutati. Non si può immaginare la prova Invalsi come un’analisi di laboratorio, dove metto la provetta e viene fuori un risultato. Si pensi al precariato. Serve un’attenzione maggiore al precariato. Se il docente ha una continuità con i propri alunni è logico che si avrebbero risultati migliori”.
Non solo precariato.
“Vede, la scuola è fatta di tante agenzie che interagiscono tra loro. Si pensi alle attrezzature che vengono fornite alle scuole dai Comuni del Nord. Queste non sono le stesse di quelle che vengono offerte dai Comuni alle scuole del Sud. Pensiamo alle palestre, ai cineforum, ai musei. Guardiamo poi alle periferie dell’estremo Sud, con i genitori che devono fare tutto da soli, che si ritrovano senza alcun supporto sulla didattica, sugli strumenti che possono migliorare la didattica. Spesso non ci sono i pulmini e ci si deve affidare ai nonni, quando ci sono. Dunque, davvero occorre guardare non solo alla prova invalsi ma al contesto in cui si vive, si insegna e si studia”.
Torniamo ai risultati Invalsi. Si parla, per gli studenti, di difficoltà di comprensione di ciò che si legge.
“Se uno studente ha difficoltà nella lettura, come oggi si denuncia, allora guardiamo alle riforme che hanno investito la scuola”.
A che cosa si riferisce, nello specifico?
“Le riforme che si sono susseguite non hanno fatto che creare un indebolimento dell’istruzione. Certo, tutto questo si è verificato su tutto il territorio nazionale, ma in alcune regioni ancora di più. Penso al cambiamento del fare scuola. Le varie riforme che hanno modificato la didattica hanno portato a questi risultati e all’appiattimento dei cervelli”.
Sta alludendo alle novità didattiche definite con termini inglesi, come la Flipped classroom e le altre novità mirabolanti…
“Sì, penso a questo. La classe rovesciata e altre novità pedagogiche e tecnologiche hanno contribuito a tutto questo. Saranno anche importanti, ma il dettare il dettato serviva a puntualizzare l’uso di una fonetica, il riassunto creava in un alunno la capacità di sintesi. Oggi tutto questo non c’è più. Questi esercizi importanti si sono persi”.
Dunque, migliorare la situazione potrebbe paradossalmente essere secondo lei più facile di quanto sembri. Basta tornare al dettato e al riassunto.
“Non basta, e non siamo contrari alle tecnologie, anzi chiediamo anche per la scuola primaria e per quella dell’infanzia il tecnico informatico, ma non dobbiamo perdere di vista l’importanza del leggere, scrivere e far di conto e delle attività didattiche che fanno sviluppare le capacità logiche, cognitive, di espressione. Bisogna abituare gli alunni al pensiero critico, siamo contrari all’appiattimento dei cervelli”.
Alcune Regioni, d’intesa con il Governo, individuano nella regionalizzazione dell’istruzione una possibile chiave di volta per migliorare la situazione scolastica.
“Non c’è bisogno della regionalizzazione, serve semmai un potenziamento dell’istruzione su tutto il territorio nazionale. Occorre intervenire per dare a tutti la stessa opportunità. Siamo contrari all’autonomia differenziata sulla scuola. L’Italia non si può dividere, l’istruzione deve essere uguale in tutta Italia e fornire le stesse opportunità a tutti e anzi potenziandole nelle zone del Paese che vivono le maggiori difficoltà. Il potenziamento solo all’interno della propria regione non va bene, il Miur non può perdere il potere amministrativo, politico e decisionale sulla scuola e cedere la governance alle Regioni. Lo dice la Costituzione, non se lo inventa lo Snals”.
Intanto scoppia un’altra grana nel mondo dell’istruzione. Il Tar del Lazio annulla il concorso quasi ultimato per dirigenti scolastici, il Consiglio di Stato su ricorso del Miur sospende la decisione del Tar, in attesa di valutare il merito delle dichiarate irregolarità.
“Eravamo tranquilli di come il Miur, con cui pure abbiamo parlato, avrebbe gestito la sospensiva presso il Consiglio di Stato. È chiaro che fino a quando non sarà uscita una sentenza definitiva ci sarà incertezza. Ma ora andiamo avanti e i colleghi li sento più tranquilli”.
I ricorrenti sostengono invece che ora il Consiglio di Stato potrebbe approfondire il merito di alcuni motivi di ricorso e dare ragione a loro
“Lasciamo alla magistratura l’esame reale della situazione. I pregiudizi sono tanti ma dev’essere la magistratura a risolvere il problema. Se ci dovessero essere dei riscontri diversi, ovvero una sentenza negativa per i vincitori di concorso, chiederemo al ministero di prendere una decisione. Non possono pagare i colleghi”.
Però non possono pagare neppure coloro ai quali la magistratura dovesse dare ragione.
“Lo Snals chiede una soluzione per tutti, anche per i colleghi che sostengono dia aver subìto una disparità di trattamento. È una situazione difficile e lo è stata anche nella fase della gestione delle prove. Pensiamo alla Sardegna, dove i candidati hanno avuto sessanta giorni in più per prepararsi, una grossa situazione di disparità. Servirà una gestione politica della situazione anche perché c’è un problema serio, con un numero elevato di scuole prive di dirigenti. Il numero di queste scuole aumenterà per i pensionamenti, sia per quelli da quota 100 sia per quelli da raggiunta età pensionabile. Una soluzione politica servirebbe a sanare questa situazione e a soddisfare la grande richiesta di dirigenti nelle scuole italiane”.