Di seguito le riflessioni di Elvira Serafini, Segretario Generale dello SNALS Confsal, alla luce di quanto accaduto alla scuola Trionfale di Roma, che punta gli occhi sulla valutazione (da OrizzonteScuola)…
“La scuola negli ultimi anni è sempre più nell’occhio del ciclone – spiega il Segretario generale Snals – dai genitori che giungono a picchiare i docenti che osano redarguire o valutare negativamente i propri figli, ai politici che a tutti i costi devono mettere mano a riforme improbabili, per poi arrivare a quello che non t’aspetti e non dovrebbe riguardare nemmeno lontanamente un’istituzione scolastica, la cristallizzazione di una divisione in classi sociali, utilizzata come sistema per accaparrarsi iscrizioni, offrendo ai genitori quasi una mappa per orientarsi nella scelta del plesso maggiormente corrispondente alle proprie aspettative, circa le frequentazioni migliori per i propri figli.
In un plesso l’alta borghesia, ma attenzione, c’è qualche infiltrato, i figli dei lavoratori dipendenti, colf, badanti, autisti e “simili”, occupati presso queste famiglie alto borghesi… in un altro plesso gli appartenenti alle classi medio-alte... e infine in altro plesso gli ultimi, quelli di estrazione sociale medio-bassa, ma c’è anche il plesso con il maggior numero di studenti stranieri e qui bisogna prestare attenzione!
Ecco il fallimento della scuola quale agenzia formativa del territorio, quale comunità educante, quale luogo dell’inclusione e delle pari opportunità per tutti.
“Una scuola che ritenga giusto evidenziare le differenze sociali per presentarsi alla propria platea scolastica, quali opportunità offrirà ai suoi iscritti? – prosegue la Serafini – Quali messaggi veicolerà, dove condurrà i propri alunni? È doveroso interrogarsi su tutto ciò, perché in una società che negli ultimi anni sta dando prove sempre crescenti di intolleranza, razzismo, chiusura verso chi è “diverso” per cultura, religione, provenienza geografica, c’è un bisogno assoluto di una scuola che diventi faro d’inclusione e tolleranza, che lavori sulla formazione degli alunni puntando all’educazione e al rispetto dell’altro, che mostri agli allievi che ciascuno ha diritto alle medesime opportunità, perché in ognuno ci sono talenti, capacità, idee, potenzialità che la scuola deve esaltare e che rappresentano la ricchezza della società del futuro.
Indispensabile capire come si è arrivati a tutto ciò, di sicuro trasformare le istituzioni scolastiche in altrettante aziende, che hanno bisogno di procacciarsi gli iscritti e che sentono la necessità di entrare in competizione/conflitto con le altre istituzioni formative del territorio per poterlo fare, mostra i limiti di un sistema che ha voluto asservire la cultura e la formazione alla mentalità dell’azienda, creando un “mostro”. La scuola non può e non deve assoggettarsi alle regole spregiudicate del mondo aziendale, che non le appartengono e anzi finiscono col negare la sua ragion d’essere. La scuola/azienda sta perdendo di vista le sue finalità, le sue prerogative sul territorio, i suoi obiettivi e tutto ciò porterà all’implosione del sistema formativo.”
Si parla di leggerezza nell’aver veicolato all’esterno quelle che sono valutazioni interne circa la platea di riferimento dell’istituto. Ma questa spiegazione non regge, anche perché non è la prima volta che ciò accade, un paio di anni fa il Liceo Visconti, sempre di Roma, si faceva vanto di avere una platea alto-borghese e priva di alunni diversamente abili, che si sa, rappresentano una zavorra per gli studenti che dovranno costituire la classe dirigente del paese e che, quindi, non possono ricevere distrazioni rispetto all’unico loro obiettivo, il successo.
Senza mettere in conto che la scuola forma persone, prima che professionisti, forma cittadini, che dovranno assumere con consapevolezza di sé e dell’altro il proprio ruolo nella società. Uno studente che avrà imparato a confrontarsi con tutti, che avrà capito la ricchezza che si scopre nella differenza, che avrà sperimentato la capacità di mettersi in gioco e in discussione, che avrà imparato a vedere la realtà e il mondo da angolature e attraverso punti di vista differenti, sarà una persona in grado di affrontare la vita senza paure o limiti, senza remore o preconcetti, conscio del proprio ruolo e della responsabilità che risiede nell’essere cittadino. Una scuola che non educhi a tutto ciò e che non creda nel valore della differenza, è destinata al fallimento. Ma se la scuola fallisce, il futuro stesso del paese è minato.
Non c’è possibilità di credere in una società migliore se chi è deputato a formarla lavora sulla divisione, favorendola e incoraggiandola, piuttosto che sui valori dell’inclusione e della tolleranza.”
Una riflessione più sindacale:
“Da vicende come quella della scuola Trionfale di Roma – conclude la Serafini – si comprendono meglio le ragioni che portano i sindacati a chiedere la revisione di tutto il sistema di valutazione delle scuole e degli alunni . Bisogna eliminare gli effetti negativi di logiche puramente concorrenziali e classificatorie delle scuole e degli alunni.
La scuola non deve classificare né essere classificata ma deve invece essere messa nelle condizioni di regolare i processi di apprendimento nell’ottica della comunità educante.