
La Commissione Ue ha deciso, in data 3 ottobre 2024, di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea in quanto tale paese non ha posto fine all'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie (direttiva 1999/70/CE del Consiglio)...
Secondo la Commissione, l'Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione in relazione alle condizioni di lavoro e l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato.
La Commissione osserva che la legislazione italiana che determina la retribuzione dei docenti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio. Ciò costituisce una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno invece diritto a tale progressione salariale. In aggiunta, in violazione del diritto dell'UE, l'Italia non ha adottato provvedimenti efficaci per prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato ai danni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Ciò configura una violazione del diritto dell'UE in materia di lavoro a tempo determinato.
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione con l'invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un'ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell'aprile 2023 (vedi nostro precedente articolo). La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di giustizia dell'Unione europea dà seguito alle censure formulate nel parere motivato, in quanto la risposta dell'Italia non ha risolto in misura sufficiente le preoccupazioni della Commissione, lasciando impregiudicate un'ulteriore valutazione e possibili azioni future in riferimento alla mancanza di misure efficaci per sanzionare e compensare l'abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altri ambiti del settore pubblico.
L'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio stabilisce il principio di non discriminazione rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, salvo se giustificata da motivazioni oggettive.
Esso si applica alle "condizioni di impiego", comprese la retribuzione e l'anzianità di servizio o le possibilità di promozione. Il documento stabilisce altresì che i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive. L'accordo quadro impone inoltre agli Stati membri di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato.
LA REPLICA DEL MINISTRO VALDITARA
"Prendo atto della decisione della Commissione europea che ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti.
Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un'intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma Pnrr che creano un'oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni.
Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento". Così in una nota il ministro dell'Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara