ASSEMBLEA NAZIONALE RSU
Teatro Quirino di Roma
11 settembre 2015 - ore 10.00
Iniziativa organizzata da SNALS Confsal, FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, GILDA Unams
...
Senza contrattazione non vi è vera
innovazione. Perché contrattare vuol dire anche partecipare, riorganizzare e
innalzare la qualità del nostro sistema di istruzione e formazione. Il
Contratto della scuola, nazionale, territoriale e di istituto, è stato una leva
essenziale per l’avvio e lo sviluppo dell’autonomia scolastica. Attraverso i
nostri contratti abbiamo attivamente sostenuto i processi di cambiamento che
nel tempo si sono resi necessari per rispondere in modo adeguato a una domanda
formativa sempre più complessa, facendone in molti casi un preciso punto di
orientamento delle nostre politiche contrattuali.
Investire sulle professionalità di docenti,
personale Ata e dirigenti, adeguare gli stipendi, riconoscere autonomia e
funzione sociale dell’insegnamento, stabilizzare il lavoro e nel contempo
assicurare parità di condizioni economiche e normative ai lavoratori precari,
fa sì che il personale si senta parte di un sistema che riconosce e valorizza
con le dovute attenzioni la dignità del suo lavoro. Il contratto nazionale è a questi fini uno
strumento essenziale.
Il blocco della
contrattazione degli ultimi sette anni, invece, ha prodotto un tempo di
“riforme” senza sviluppo e di “cambiamento” senza avanzamento; è quanto avviene
anche con la legge 107, che tende a ridimensionare fortemente gli spazi di
partecipazione e cooperazione. E' più che mai necessario ridare certezza del
diritto sulle competenze della contrattazione, che non può essere demolita “a
rate” da ripetute incursioni legislative.
Occorre, dunque,
ripartire dai Contratti per fare vera innovazione.
La scuola non è solo il
nostro luogo di lavoro: con fatica, passione, impegno la facciamo vivere ogni
giorno per gli studenti, le famiglie, la società. È luogo in cui si
esprime una funzione fondamentale dello Stato: luogo di educazione, istruzione,
formazione, fattori fondamentali di coesione e di crescita per tutti. Siamo
stati per questo sempre disponibili a farci carico dei suoi problemi, a
impegnarci per il suo miglior funzionamento e la sua qualità, anche quando abbiamo
dovuto subire politiche sbagliate.
Nessuno pertanto può
leggere come atteggiamento di chiusura corporativa il nostro dissenso verso
tante parti della legge
107/2015. Di questa legge emergono ogni giorno evidenti
errori e carenze, spesso fonte di vere e proprie iniquità. Ma il danno più
grave è la compromissione di un equilibrio fra poteri e competenze delle
diverse figure operanti nella scuola dell’autonomia, equilibrio che affermatosi
e consolidatosi attraverso pratiche partecipate e condivise di progettazione e
gestione dell’attività educativa e didattica ne costituisce da sempre uno dei
fattori determinanti di efficacia.
L’enfasi posta sui poteri del dirigente, innescando
possibili conflitti con prerogative e attribuzioni di altri soggetti; gli
stimoli a una più marcata concorrenzialità fra i docenti spacciata per
incentivo al miglioramento delle performance; le procedure di una loro chiamata
diretta; il depotenziamento delle sedi di confronto e contrattazione, alle
quali vengono sottratte indebitamente materie e competenze; l'irresponsabile
esclusione dal piano di stabilizzazioni del personale Ata, dei docenti dell’infanzia e di tanti
precari che hanno maturato il diritto alla stabilità sancito dalla sentenza
della Corte di giustizia europea; una valutazione dei dirigenti scolastici che
li assoggetta ai decisori politici incidendo anche sulla loro retribuzione; la
mancanza di un piano di investimenti
pubblici in linea con la media dei Paesi OCSE; il frequente
intreccio fra poteri di indirizzo e
di gestione, che dovrebbero rimanere su piani ben distinti;
tutti questi elementi sono esposti, con il passare del tempo, a rivelarsi come
pericolosi fattori di destabilizzazione degli equilibri tra competenze e
poteri, figure e funzioni in un sistema scolastico già oberato di problemi e
tensioni. Attraverso politiche
sbagliate si continua a impedire che si sviluppino appieno le
potenzialità dell’autonomia di una scuola in cui, a un’offerta formativa di
qualità, si accompagni una “vera
serietà degli studi”, fatta di impegno e responsabilità degli
studenti anche rispetto alla loro valutazione da parte dei docenti, alla cui
funzione va restituita peraltro la dignità sociale che merita.
Il governo ha scelto di
eludere ogni reale confronto
nella definizione del suo progetto di “riforma”, ritenendo di poter fare a meno
del contributo di conoscenza, competenza, esperienza e professionalità che il
mondo del lavoro scolastico avrebbe certamente saputo portare. Anche l’iter
della legge è stato segnato da ripetute forzature nei modi e nei tempi di
discussione, persino quando erano le forze della stessa maggioranza di governoa
rendersi conto della necessità e dell’opportunità di ulteriori momenti di
confronto e riflessione (impegno espressamente annunciato dal premier e
immediatamente smentito dai fatti).
Oggi abbiamo una legge che
conferma le nostre ragioni di dissenso.
Da qui l’esigenza di risparmiare alla scuola gli effetti più deleteri che
possono scaturirne e di rivendicarne tutte le possibili modifiche, in coerenza
e continuità con le straordinarie mobilitazioni unitarie del personale, degli
studenti, della società.
Sugli aspetti di
incostituzionalità della nuova legge, in
primis quelli che appaiono lesivi della libertà di insegnamento, si
stanno già attivando, da parte dei sindacati, le necessarie azioni di
impugnativa in sede legale.
Vanno nel frattempo sanate
le profonde ingiustizie
create da un piano di stabilizzazioni
rivelatosi alla prova dei fatti estremamente confuso e di corto respiro. Per
queste ragioni chiediamo l'apertura di un confronto politico con la Ministra Giannini prima di
procedere alla fase C
del piano di assunzioni.
Le indicazioni
che in questi giorni sono state date unitariamente dai Sindacati a docenti, Ata
e dirigenti sono finalizzate alla salvaguardia degli spazi di partecipazione,
collegialità e condivisione che le norme legislative e contrattuali vigenti
consentono a buon diritto di esigere e praticare, nell’interesse del buon
andamento della scuola prima ancora che dei suoi operatori. Esse non sono
un’istigazione alla disobbedienza nel confronto di una legge, sono, al
contrario, la rivendicazione
del dovuto rispetto per tante altre normemai abrogate, che danno senso e
legittimità al principio di una partecipazione responsabile, sostenuta dal
valore di una professionalità che si esprime sul piano individuale e
collegiale.
Altrettanto importante, e
in questa fase assolutamente prioritario per l’azione sindacale, è recuperare gli indispensabili
spazi di confronto, negoziato e contrattazione, ad ogni livello, sia per
rilanciare l’obiettivo - non più eludibile - di una giusta e doverosa
valorizzazione, normativa ed economica, di tutti i profili professionali
operanti nella scuola, sia per sostenere attivamente processi di crescita in
qualità ed efficacia della scuola pubblica. Questo attraverso scelte condivise
su tutti gli aspetti che attengono la regolazione del rapporto di lavoro, a
partire da quelli riguardanti l’impiego delle risorse destinate alle
retribuzioni del personale, in forza dell’esplicita attribuzione di questa
materia alla disciplina negoziale prevista dalla normativa vigente, molto
chiara anche nel riconoscere la rappresentatività dei lavoratori.
La stagione di un rinnovo contrattuale nazionale deve
aprirsi immediatamente, anche alla luce del recente pronunciamento della Corte
Costituzionale. Non sarebbe tuttavia sufficiente fare di questo appuntamento il
mero adempimento di un obbligo: occorre che tutti, a partire dal governo, lo
colgano e lo vivano come una straordinaria opportunitàdi innovazione, di
democraziae di investimento sulla scuola pubblica, definita dai padri
costituenti Organo Costituzionale. Perché investire sulla cultura è promozione
di futuro.
Alla richiesta di
immediata apertura del negoziato sul rinnovo del contratto nazionale,
indispensabile prima di tutto per un doveroso recupero salariale dopo un blocco
protratto per anni, si accompagna quella di riconoscere la dovuta attenzione e
il giusto valore alla contrattazione d’istituto come fattore che concorre in
modo determinante al buon governo e all’autonomia delle istituzioni
scolastiche.
La contrattazione rappresenta infatti
uno strumento essenziale di rappresentanza e di sintesi fra esigenze, attese e
interessi, ma anche di supporto a un’ottimale organizzazione del lavoro. È
anche la sede in cui più efficacemente si può agire per prevenire e risolvere
tensioni e conflitti. La chiarezza e la trasparenza delle regole sono al tempo
stesso un risparmio e una modernizzazione delle Istituzioni Pubbliche. In
questo senso le decine di migliaia di persone attivamente impegnate nelle RSU
devono essere considerate una risorsa preziosa non soltanto per il sindacato,
ma per tutta la nostra scuola.
Queste ragioni e questi
obiettivi definiscono una piattaforma rivendicativa su cui l’iniziativa dei
sindacati proseguirà, a partire dall’assemblea nazionale di venerdì 11 settembre p.v. a Roma, e si
snoderà per tutto il personale docente, ATA e dirigente attraverso azioni
territoriali cui seguirà, oltre a quanto potrà essere attivato in ambito
regionale, una giornata di mobilitazione nazionale nel mese di ottobre.
Roma, 10 settembre 2015
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