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FRUIZIONE DEL PADRE LAVORATORE DEI RIPOSI GIORNALIERI DURANTE IL 1° ANNO DI VITA DEL BAMBINO - SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Data: Venerd́, 03 Ottobre 2014, ore 08:37:00
Argomento: PREVIDENZA




congedi parentali



Gli artt. 39 e 40 del D.lvo n. 151/2001 in merito ai riposi giornalieri spettanti durante il primo anno di vita del bambino, così dispongono: ...



«Art.39. Riposi giornalieri della madre: 1 - Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata.
Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2 - I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3 - I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.

«Art. 40. Riposi giornalieri del padre: 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre».

A riguardo, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sez. III) con la Sentenza n. 4618/2014 del 10 settembre 2014, in merito all’interpretazione dell’art. 40 del D.lvo n. 151/2001 nella parte in cui (comma 1, lett. c) riconosce il padre lavoratore il diritto di fruire, nel primo anno di vita del figlio del riposo giornaliero nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, ha sancito che il legislatore con l’espressione “non lavoratrice dipendente” ha inteso fare riferimento a tutte le donne comunque svolgenti una attività lavorativa e quindi, anche alle madri casalinghe, in ragione della ormai riconosciuta equiparazione della attività domestica ad una vera e propria attività lavorativa.








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