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MODIFICA IN MATERIA DI CONGEDO DI MATERNITÀ IN CASO DI PARTO PREMATURO E SOSPENSIONE DEL CONGEDO IN CASO DI RICOVERO DEL BAMBINO - MODIFICA IN MATERIA DI CONSERVAZIONE DEL DIRITTO ALL'INDENNITÀ DI MATERNITÀ - CIRCOLARE INPS
Data: Mercoledì, 04 Maggio 2016, ore 07:30:14
Argomento: PREVIDENZA



maternità

Il decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, con gli artt. 2, 3 e 4, ha apportato modifiche agli articoli 16, 24 e 26 del T.U. maternità/paternità (decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001). Queste nuove disposizioni, in vigore dal 25 giugno 2015, sono state introdotte a carattere sperimentale per l’anno 2015 ma, per effetto del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, trovano applicazione anche per gli anni successivi, salve eventuali  rideterminazioni dei benefici da parte del Ministeri vigilanti...





L’Inps, con la circolare n. 69 del 28/4/2016 (con allegato) ha fornito le istruzioni operative in merito alle suddette nuove disposizioni.
Nel rinviare per completezza di informazione al testo ufficiale della suddetta circolare, si riportano, di seguito, gli aspetti salienti della stessa.

Periodi di congedo post partum nei casi di parto prematuro.
La riforma in esame riguarda i casi di parti “fortemente” prematuri da intendersi con tale accezione quelli che si verificano prima dei 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto.
Con la nuova norma, il congedo si calcola aggiungendo ai 3 mesi post partum tutti i giorni compresi tra la data del parto fortemente prematuro e la data presunta del parto, risultando così di durata complessivamente maggiore rispetto al periodo di 5 mesi precedentemente previsto.
Nulla è innovato nei casi in cui il parto prematuro si verifichi all’interno dei due mesi ante partum, ossia quando il congedo obbligatorio ante partum è già iniziato: per tali eventi infatti il congedo post partum risulta coincidente, come in precedenza, con i 3 mesi dopo il parto ai quali vanno aggiunti i giorni di congedo ante partum non goduti. Inoltre, in tali casi, se la lavoratrice ha un provvedimento di interdizione prorogata, i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine dei 7 mesi dopo il parto.
Analogamente, nei casi di parto fortemente prematuro, qualora la lavoratrice abbia un provvedimento di interdizione prorogata dal lavoro per incompatibilità con le mansioni ai sensi degli artt. 6 e 7 del T.U., si aggiungono al termine del periodo di interdizione prorogata tutti i giorni compresi tra la data del parto e la data presunta del parto.
Sulle due diverse fattispecie sopra riportate, si riportano di seguito due esempi esemplificativi:

(parto fortemente prematuro avvenuto prima dei due mesi ante partum)
Data parto: 30/6/2015
Data presunta parto: 20/9/2015 (inizio dei due mesi ante partum: 20/7/2015)
Durata del congedo di maternità: dal 30/6/2015 al 20/12/2015

Tale durata si determina calcolando la data del parto + tre mesi post partum (dal 30/6/2015 al 30/9/2015) + 81 giorni (62 giorni relativi ai due mesi ante partum + 19 giorni che intercorrono tra la data effettiva del parto e l’inizio dei due mesi ante partum. Si precisa che i 62 giorni sono conteggiati dal 20/7/2015 al 19/9/2015, mentre i 19 giorni sono conteggiati dal giorno successivo al parto fino al giorno precedente la data di inizio dell’ante partum, nella fattispecie dall’1/7/2015 al 19/7/2015).
Il criterio di calcolo del periodo di congedo non cambia se la lavoratrice alla data del parto si trova in interdizione anticipata.
Se la lavoratrice ha un provvedimento di interdizione posticipata gli 81 giorni (62+19) si aggiungono al termine dei 7 mesi dopo il parto.

(parto prematuro avvenuto nei due mesi ante partum)
Data parto: 31/7/2015 (data compresa nei due mesi ante partum)
Data presunta parto: 20/9/2015 (inizio dei due mesi ante partum: 20/7/2015)
Durata del congedo di maternità: dal 20/7/2015 al 21/12/2015

Tale durata si determina, come avveniva prima della riforma in esame, calcolando la data del parto prematuro + tre mesi post partum (dal 31/7/2015 al 31/10/2015) + 51 giorni di congedo ante partum (dall’1/8/2015 al 20/9/2015).

Rimane fermo che la domanda di maternità, anche nei casi di parto fortemente prematuro, va sempre corredata con il certificato medico attestante la data presunta del parto.
Gli ulteriori periodi riconosciuti alle lavoratrici madri nei casi di parto fortemente prematuro influiscono anche sulla durata del congedo di paternità che coincide, come noto, con il periodo di congedo di maternità post partum non fruito in tutto o in parte dalla madre per morte, grave infermità, abbandono del figlio o affidamento esclusivo dello stesso al padre.

Rinvio e sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato o del minore adottato/affidato
Con questa nuova norma il legislatore ha previsto che la madre lavoratrice dipendente o iscritta alla gestione separata possa optare per la sospensione del congedo di maternità dopo il parto qualora il neonato sia ricoverato in una struttura pubblica o privata.
In virtù della stessa l’ambito di applicazione della sospensione del congedo risulta oggi più esteso: infatti la lavoratrice può optare per tale sospensione a prescindere dal motivo del ricovero del neonato, sempre subordinatamente alla compatibilità delle condizioni di salute con la ripresa del lavoro. La sospensione inoltre è esercitabile anche in caso di ricovero di minore adottato/affidato.
Le sospensioni del congedo, in base alla riforma, sono esercitabili per i parti o gli ingressi in Italia o in famiglia (in caso di adozioni/affidamenti) verificatisi dal 25 giugno 2015.
La lavoratrice può optare per la sospensione del congedo post partum, una sola volta per ogni figlio, rinviando la fruizione di tutto o di parte del congedo obbligatorio a partire dalla data delle dimissioni del bambino, oppure da data antecedente comunicata dalla lavoratrice.
Al riguardo si evidenzia che la data delle dimissioni del neonato, rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile rinviare la fruizione del periodo di congedo di maternità ancora spettante. Ciò non esclude che la lavoratrice possa fruire del congedo residuo anche prima della data delle dimissioni rimanendo comunque esclusa la possibilità di chiedere una seconda sospensione del congedo per lo stesso figlio.
In base alla riforma, per data di sospensione del congedo deve intendersi la data a partire dalla quale la lavoratrice riprende l’attività lavorativa; essa presuppone il ricovero del neonato ma non coincide necessariamente con tale data. Il congedo di maternità già fruito è quindi conteggiato fino al giorno prima la data di sospensione.
La data di ripresa della fruizione del congedo residuo coincide con la data delle dimissioni del bambino oppure con la data (precedente alle dimissioni) in cui la lavoratrice riprende a fruire del congedo residuo.
Ai fini della sospensione del congedo di maternità/paternità, la lavoratrice interessata è tenuta a comprovare al datore di lavoro l’avvenuto ricovero del neonato nella struttura pubblica o privata e a produrre l’attestazione medica nella quale si dichiara la compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa.
La lavoratrice madre comunica al datore di lavoro la data a decorrere dalla quale fruirà del periodo di congedo residuo. Tale data coincide di regola con la data delle dimissioni che rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile far slittare la fruizione del congedo residuo.
Conseguentemente, nel caso in cui la ripresa del congedo avvenga oltre la data di dimissioni, il congedo residuo si conteggia comunque a partire dalla data delle dimissioni con indennizzo dei soli giorni di effettiva astensione dal lavoro.
Si riporta a titolo esemplificativo il seguente esempio:

Data parto: 28 dicembre 2015
Data fine congedo: 28 marzo 2016 (data parto coincidente con la data presunta)
Data ricovero: 10 gennaio 2016
Data sospensione congedo (cioè data ripresa del lavoro): 12 gennaio 2016
Periodo residuo di congedo: giorni 77 giorni
Data dimissioni: 15 maggio 2016
Fruizione congedo residuo: dal 15 maggio 2016 al 30 luglio 2016

La lavoratrice può decidere di riprendere a fruire del periodo residuo anche prima della data di dimissioni, es. dall’1 maggio 2016. In tale caso, il congedo termina il 16 luglio 2016.

Se la lavoratrice riprendesse il congedo dal giorno successivo alla data delle dimissioni, ossia dal 16 maggio, il giorno delle dimissioni (15 maggio 2016) sarebbe conteggiato ai fini della durata del congedo ma non sarebbe indennizzato a tale titolo. L’indennizzo sarà corrisposto solo per i giorni di effettiva astensione dal lavoro, ossia dal 16 maggio 2016 al 30 luglio 2016, per un totale di 76 giorni anziché di 77 giorni).
In caso di adozioni o affidamenti  preadottivi, sia nazionali sia internazionali, la durata del congedo è pari a 5 mesi; in caso di affidamento non preadottivo il congedo è pari ad un periodo di 3 mesi. Il congedo è in ogni caso fruibile, in modo continuo o frazionato, entro 5 mesi dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore.
L’esercizio della sospensione in questione comporta quindi che, qualora nei predetti 5 mesi, il bambino adottato o in affidamento venga ricoverato in struttura pubblica o privata, il congedo di maternità residuo possa essere fruito dalla data di dimissioni del bambino (o da data precedente le dimissioni comunicata dalla lavoratrice), anche oltre il predetto termine di 5 mesi.
Gli adempimenti verso il datore di lavoro sono analoghi a quelli previsti in caso di ricovero del neonato, tranne l’attestazione medica che, in caso di adozione/affidamento, non va prodotta in quanto finalizzata ad accertare la compatibilità delle condizioni di salute della madre lavoratrice che ha partorito con l’attività lavorativa.
Si riporta a titolo esemplificativo il seguente esempio:

Data ingresso in Italia: 30 ottobre 2015
Periodo di congedo spettante a tale data: 4 mesi (si ipotizza che un mese è stato riconosciuto per la permanenza all’estero)
Data ricovero bambino: 3 marzo 2016
Arco temporale teorico per fruire del periodo residuo (5 mesi dall’ingresso in Italia): 30 marzo 2016
Periodo di congedo residuo a tale data: 20 giorni
Data dimissioni: 25 aprile 2016
Fruizione del congedo residuo (20 giorni): dal 25 aprile al 22 maggio 2016 (il congedo residuo quindi è fruibile oltre i teorici 5 mesi dall’ingresso in Italia)

Se la lavoratrice riprendesse a fruire del congedo oltre la data di dimissioni, ad esempio dal 2 maggio anziché dal 25 aprile 2016, il congedo sarebbe computato comunque dal 25 aprile 2016 ma verrebbe indennizzato solo per i giorni di effettiva astensione, ossia dal 2 al 14 maggio 2016, per un totale di 13 giorni anziché di 20 giorni.

Ad analoghe condizioni previste per la madre, la sospensione del congedo è esercitabile anche in caso di congedo di paternità dal padre.
Durante il periodo di sospensione del congedo di maternità, non è possibile fruire per lo stesso neonato del congedo parentale che, come noto, spetta dal termine del congedo di maternità. Quindi la lavoratrice che ha optato per la sospensione del congedo  può chiedere il congedo parentale per lo stesso figlio solo al termine dell’intero periodo di congedo di maternità.
Durante la sospensione del congedo di maternità, entro il limite di un anno di vita del bambino, risultano invece fruibili i riposi per allattamento; sono altresì fruibili permessi e congedi spettanti per altro figlio (es. congedo parentale per altro figlio).

Conservazione del diritto all’indennità di maternità in caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice dipendente
La disposizione in esame non comporta variazioni sulle tutele già in atto in quanto integra nel comma 1 dell’art. 24 T.U. maternità/paternità il disposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 405 del 2001, in forza del quale è stata prevista la conservazione del trattamento di maternità oltre la cessazione del rapporto di lavoro anche nell’ipotesi prevista dall’art. 54, comma 3, lettera a), del T.U., ossia nel caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro.

Contribuzione figurativa per dipendenti privati e pubblici
La valorizzazione dei periodi per i quali spetti la contribuzione figurativa relativa ai periodi di congedo avviene in base all’art. 40 della legge n. 183/2010. Ai sensi di quanto previsto dalla citata disposizione, ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizione in vigore e verificatisi nel corso del rapporto di lavoro, “è pari all’importo della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di prestazione lavorativa, nel mese in cui si colloca l’evento. Il predetto importo deve essere determinato dal datore di lavoro sulla base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi”.

Contribuzione figurativa fuori dal rapporto di lavoro.
L’ampliamento della tutela figurativa in caso di parto prematuro riguarda anche gli eventi verificatisi fuori dal rapporto di lavoro. Ferme le condizioni già previste per l’accredito degli eventi di maternità fuori dal rapporto di lavoro, l’interessata, in tal caso, dovrà esibire certificazione medico specialistica dell’epoca rilasciata da struttura sanitaria pubblica che attesti la data presunta del parto.

Dipendenti iscritti alle Gestioni Dipendenti Pubblici.
La modifica apportata all’art. 16, lettera d) del T.U. maternità/paternità (decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001) dal decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 (estensione del periodo di congedo di maternità oltre i già previsti 5 mesi, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta) trova applicazione anche per le dipendenti (o per i dipendenti, in relazione al congedo di paternità ex art. 28 del T.U. in argomento) delle Amministrazioni Pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001.
L’estensione del periodo di congedo di maternità trova applicazione sia quando l’evento “parto” si verifichi in attività di servizio sia nel caso che esso si verifichi al di fuori del rapporto di lavoro, con domanda di accredito, da parte degli interessati, della contribuzione figurativa ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo n. 151/2001).
Rimane fermo che per i dipendenti in servizio il trattamento economico per il periodo di maternità continua ad essere erogato dall’Amministrazione di appartenenza secondo quanto disposto dall’art. 2 comma 2 e dall’art. 57 del decreto legislativo 151/2001.







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