LA RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE, PROF. MARCO PAOLO NIGI, AL CONSIGLIO NAZIONALE SNALS-CONFSAL
Data: Martedì, 23 Aprile 2013, ore 08:18:21 Argomento: AZIONI DEL SINDACATO
Inseriamo, di seguito, la relazione che il Segretario Generale, prof. Marco Paolo Nigi, ha tenuto al Consiglio Nazionale SNALS-CONFSAL svoltosi il 15, 16 e 17 aprile 2013 sui temi:
- OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL PAESE - OBIETTIVI DI MIGLIORAMENTO PER L'ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE - Proposte e azioni dello SNALS-Confsal ...
Consiglio Nazionale 15-16-17-18 aprile 2013
- OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL PAESE - OBIETTIVI DI MIGLIORAMENTO PER L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE - Proposte e azioni dello SNALS-Confsal Relazione del Segretario generale Marco Paolo Nigi
Il quadro politico Questo Consiglio Nazionale cade in un periodo particolarmente delicato per il nostro paese. Dopo una campagna elettorale incerta, confusa, dai toni aspri che hanno contribuito ad aumentare il disorientamento e il rifiuto verso una politica inconcludente, abbiamo avuto un esito delle votazioni che ha da subito evidenziato il rischio di ingovernabilità.
E’ il risultato di un’incapacità dei partiti politici a intercettare non tanto gli umori, quanto le richieste e le attese del popolo italiano.
I temi centrali della campagna elettorale sono stati quelli economici e delle tasse; temi che senz’altro interessano cittadini e imprese, ma trattati senza respiro strategico, senza pragmatismo e realismo.
Il voto è stato così espressione più di disagio, indipendentemente dal partito su cui si è orientato, che di convinzione su proposte chiare e convincenti.
E’ indubbio che sulla classe dirigente e politica italiana grava una grande responsabilità.
Prima della elezioni, è stata fatta la scelta di costituire un governo tecnico, ritenuto l’unica strada percorribile per mettere in sicurezza i conti dell’Italia attraverso misure impopolari, di cui nessun partito politico si è voluto assumere la responsabilità.
Si sono avuti così provvedimenti restrittivi sull’economia e un inasprimento della pressione fiscale, che hanno pesato su dipendenti e pensionati del ceto medio, peraltro contribuenti già noti, e una mancanza di interventi sullo sviluppo.
Eppure era evidente ciò che l’opinione pubblica chiedeva ai partiti: riforme istituzionali, prime fra tutte la legge elettorale, la semplificazione normativa e burocratica, leggi efficaci contro l’evasione, la corruzione e l’illegalità, i privilegi e i costi impropri della “casta”.
La politica ha avuto un atteggiamento di impotenza e allo stesso tempo di arroganza e di totale sordità a quello che si muoveva nel paese, alla richiesta di “nuova” politica, sia nei contenuti che nei metodi.
Intanto i parametri macro economici riacquistano una evidenza preoccupante. Non c’è, infatti, né stabilità né visione strategica, perché entrambe hanno bisogno di tempi lunghi e di condivisione allargata.
Non è necessario in questa sede approfondire le emergenze che attanagliano il nostro Paese.
Più volte abbiamo condotto analisi, condiviso le priorità e l’individuazione delle riforme necessarie e delle misure urgenti.
Le proposte politico-programmatiche Con questo spirito abbiamo denunciato una “brutta” campagna elettorale, fatta di slogan e annunci, che non hanno fatto emergere obiettivi precisi e impegni credibili.
Per questo la Confsal ha scritto un manifesto politico-programmatico “Il lavoro al centro della società civile e dell’economia in funzione dello sviluppo dell’Italia e dell’Eurozona”, che ha indirizzato ai partiti in competizione elettorale.
La Confsal ha individuato il lavoro come nodo principale da affrontare e come volano per rimettere in moto il Paese, sia sotto il profilo economico-finanziario che sociale.
Il lavoro, infatti, è il primario valore sociale e il fattore determinante della crescita economica che, per realizzarsi, ha bisogno di un’economia legale e di una pubblica amministrazione efficiente. E’ con questa prospettiva che la Confsal indica una serie di obiettivi politici per la legalità dell’economia e della finanza pubblica e propone con forza tre principali questioni: una riforma fiscale con l’introduzione di un efficace sistema sanzionatorio per l’evasione; la modifica sostanziale della legge sul mercato del lavoro per invertire l’andamento preoccupante dell’occupazione; la revisione, nell’ambito della compatibilità finanziaria, del sistema previdenziale e pensionistico con l’introduzione di una maggiore flessibilità.
Sul piano strettamente sindacale la Confsal rivendica: il rinnovo dei contratti, il ripristino dell’indicizzazione delle pensioni, l’estensione della defiscalizzazione delle retribuzioni sia nel settore privato che in quello pubblico, la stabilizzazione dei precari e un moderno sistema di previdenza complementare.
Nel manifesto viene affrontata anche una questione centrale per le politiche dell’Eurozona: il nesso fra austerità fiscale e recessione e la capacità di tenuta del sistema monetario.
Più volte abbiamo, infatti, denunciato l’inefficacia delle sole politiche di rigore, anche se necessarie per ridurre un debito pubblico che pesa come un macigno sull’attuale sistema paese e sul suo futuro.
E’ mancato da molto tempo un impegno della politica capace di percorrere le strade dello sviluppo che sono fatte di “cose” concrete e di economia “reale”, di investimenti nei settori propri dello sviluppo, come l’istruzione e la formazione, la ricerca e l’innovazione tecnologica, le infrastrutture dei servizi sociali, della mobilità e della comunicazione ad alta tecnologia, anche per il riequilibrio del territorio e del recupero dell’ambiente.
Proprio su questi ultimi temi la latitanza dei partiti in campagna elettorale è stata di tutta evidenza, in modo particolare sulla scuola, sulla formazione di tutti i livelli e sulla ricerca.
Per queste ragioni, lo SNALS, prima organizzazione della scuola a prendere l’iniziativa, ha inviato alle forze politiche il manifesto politico-programmatico “Scuola, istruzione, formazione per occupazione, equità e crescita”.
Lo SNALS-CONFSAL, dunque, accanto alla centralità del lavoro, ha posto i temi dell’istruzione e della formazione che trovano tutti il loro fondamento nella Carta Costituzionale.
In particolare la scuola, che non può essere considerata un semplice servizio, ma è tra le principali istituzioni del Paese perché determina i presupposti effettivi per l’esercizio della cittadinanza, per lo sviluppo democratico, economico e sociale della collettività nazionale.
Questa è la considerazione di fondo da cui può partire una nuova politica per il sistema educativo e per la scuola.
Solo se c’è condivisione su questa visione si potranno ottenere un’inversione di tendenza e trovare nel bilancio dello Stato le risorse per l’istruzione e la formazione, per la ricerca e l’innovazione tecnologica.
Tutti settori a cui, pertanto, dovrà essere prioritariamente destinata una significativa quota delle risorse derivanti da una vera ed efficace lotta all’evasione e all’elusione fiscale, agli sprechi e alle inefficienze amministrative.
L’attuale situazione politica è certamente la meno favorevole a programmi centrati sulla valorizzazione del capitale umano, che richiedono strategie di lungo periodo, pensate in una logica di investimento costante e pluriennale, ben al di là della probabile durata della legislatura da poco iniziata.
Eppure è evidente che è urgente la necessità di una politica e di un governo capaci di misurarsi con la realtà delle complesse questioni sociali ed economiche del paese e a produrre fatti concreti.
Per queste ragioni esprimiamo un giudizio critico sul governo tecnico che, seppure dimissionario, è tuttora in carica.
Il ministro Francesco Profumo fin dall’inizio del suo mandato, ha sempre detto di voler operare non sul terreno delle riforme, ma su quello della razionalizzazione e dell’efficienza del sistema.
E’ vero che molti dei provvedimenti derivanti dal precedente governo erano quasi tutti vincolati nei tempi e nei contenuti come quelli previsti per la riforma dell’università, per il completamento del riordino dell’istruzione secondaria superiore, per il varo e il primo collaudo degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), per le nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo.
C’è stata anche una forte accelerazione all’informatizzazione delle procedure amministrative e, in prospettiva, di tutto il processo formativo sul versante sia dell’insegnamento sia dell’apprendimento.
Ma certo, il governo Monti non ha adottato alcun intervento di respiro, soprattutto sul versante del personale.
Anzi le sue azioni sono state di segno opposto come il tentativo - da noi subito bloccato con un forte pressing su tutte le forze parlamentari - dell’innalzamento dell’orario di lezione degli insegnanti secondari a 24 ore settimanali.
I risultati ottenuti Per la scuola è stata grave la conduzione della partita sul riconoscimento degli scatti di anzianità, che finalmente si è conclusa con esito positivo.
Su questo occorre chiarezza in termini di risultati ottenuti e da chi. E’ stata una vertenza lunga e difficile, oggetto da una parte di inerzia e ritardi del Governo e dall’altra di strumentalizzazioni demagogiche.
L’accordo raggiunto all’Aran è frutto di una grande azione di pressione e mobilitazione dello SNALS per consentire a tutto il personale di recuperare gli scatti di anzianità e la progressione di carriera e per salvaguardare un elemento importante della retribuzione fondamentale, con riflessi anche sul piano previdenziale.
Avevamo firmato l’accordo all’Aran già nel dicembre 2012 e il 13 marzo scorso abbiamo firmato il contratto in via definitiva.
Tale accordo prevede ovviamente i benefici per tutto il personale, sia quello già di ruolo e sia anche per gli attuali precari nella prospettiva della ricostruzione della carriera.
Con le prossime retribuzioni è previsto il pagamento degli arretrati e degli scatti a chi li ha maturati nel 2011, ma il vantaggio sarà per tutti, docenti e personale ATA, e indipendentemente dalla sigla sindacale di riferimento.
Una precisazione non superflua.
SNALS CONFSAL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, e GILDA UNAMS non è la prima volta che sottoscrivono importanti accordi: quello per la stabilizzazione del precariato del maggio 2011, il contratto collettivo della scuola relativo al secondo biennio economico 2008/2009, ed ora il recente accordo sugli scatti di anzianità.
C’è stata, dunque, una condivisione su quel comportamento che ha sempre orientato le scelte dello SNALS: una chiara assunzione di responsabilità che ha privilegiato una visione costruttiva dell’azione sindacale.
Lo SNALS, insieme alla maggioranza dei sindacati della scuola, ha rifiutato di ridurre il proprio ruolo ad una sterile protesta, come invece ha fatto la CGIL, e ha lottato per ottenere - in presenza del blocco dei contratti nel pubblico impiego - l’unico strumento di incremento delle retribuzioni fondamentali.
Ancora per lo sforzo straordinario fatto dallo SNALS, per tutelare il personale da provvedimenti carenti se non addirittura penalizzanti per il personale, sono stati ottenuti importanti risultati.
Voglio ricordare i principali: le precisazioni sullo svolgimento dei corsi di Tirocinio Formativo Attivo, al fine di garantire l’omogeneità a livello nazionale e territoriale e il varo definitivo dei TFA speciali, anche se con scelte finali e unilaterali del ministero che non trovano la nostra condivisione.
Abbiamo ottenuto sia il blocco della revisione e dell’emanazione delle nuove classi di concorso sia la predisposizione delle procedure per la nomina in ruolo del personale ATA relative all’anno in corso su cui continua la nostra pressione al MEF sia miglioramenti nelle disposizioni per gli insegnanti inidonei.
Il passaggio coatto ad altro profilo professionale per i docenti inidonei rimane, comunque, una decisione ingiusta e mortificante. Siamo riusciti però a correggerne le penalizzazioni più pesanti introducendo la previsione dei passaggi diretti per i docenti delle classi di concorso C999 e C555 agli ITP per cui hanno titolo.
Abbiamo, soprattutto, ottenuto il transito dei docenti inidonei solo nei limiti dei posti vacanti e disponibili e il ripristino della possibilità della dispensa dal servizio sulla base della certificazione di “inidoneità permanente” ottenuta nell’ultima visita medico collegiale, che però, anche in questo caso, deve avere ancora l’approvazione del MEF.
Sugli organici abbiamo bloccato l’ulteriore sottrazione di posti per effetto della riduzione dell’orario scuola per l’entrata a regime delle classi quinte della scuola primaria e della classe quarta della scuola secondaria superiore con il conseguente mantenimento dell’organico previsto per l’anno in corso.
Le posizioni sulle politiche scolastiche In quest’ultimo periodo abbiamo avuto modo anche di chiarire le nostre posizioni sul reclutamento, sulla produttività e sul merito.
Più volte ci siamo dichiarati favorevoli ad un reclutamento mediante il sistema concorsuale, ma l’esperienza del concorso ordinario in atto evidenzia la necessità di modifiche, anche della fase pre-selettiva che deve essere coerente con la formazione iniziale e con la cultura italiana, da ammodernare certamente, ma con gradualità e tenendo conto delle sue specificità e caratteristiche.
Un sistema di reclutamento da collegarsi in coerenza con un nuovo piano di assunzioni, anch’esso da riformare, e con un nuovo calcolo degli organici.
E’ questo che può generare la produttività nella scuola, che vuol dire elevamento dei risultati di apprendimento, minore evasione e abbandono scolastico, più opportunità occupazionali per i giovani con una maggiore integrazione dei percorsi formativi con il mondo del lavoro, sostegno a tutti quegli strumenti di formazione che valorizzano inclinazioni e apprendimenti anche in contesti lavorativi.
Questa è la produttività che serve a incrementare la qualità nell’istruzione e nella formazione.
Ma ogni volta ci troviamo di fronte alle scorciatoie della politica, a dibattiti improduttivi e a tentativi legislativi impropri che intendono intervenire semplicemente sulla quantità: più ore di lavoro per i docenti, più ore di scuola per gli studenti.
Un tema questo da approfondire, anche rispetto ad uno degli ultimi provvedimenti del ministro Profumo, cioè l’Atto d’indirizzo per l’azione amministrativa per il 2013, dove sono indicate 10 “priorità politiche”.
In realtà il documento ha ben poco di politico, e risente molto della filosofia tecnocratica e dei tentativi, alcuni solo accennati, che hanno caratterizzato l’azione svolta dal ministro Profumo.
Vi si parla di sostegno e potenziamento delle politiche di innovazione tecnologica, di sviluppo della ricerca, di qualità del sistema universitario, di diritto allo studio, di orientamento, di monitoraggio e completamento delle riforme scolastiche e degli ITS, di edilizia scolastica, di ammodernamento del sistema scolastico e del Ministero.
L’unica indicazione “politica” si trova all’interno della priorità 5, dedicata alle azioni di valutazione del sistema scolastico con riferimento agli apprendimenti e alle competenze degli alunni.
Lì è indicato l’obiettivo di “… superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell’offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione”.
Un’indicazione generica a cui, però, è seguita un’impropria convocazione delle OO. SS. con oggetto “progetti innovativi relativi alla durata dei corsi di studio” che si dovrebbero realizzare in una sperimentazione nelle scuole statali.
Lo SNALS ha protestato sul metodo e sul merito della proposta ministeriale, fuori da ogni correttezza istituzionale.
Questa iniziativa sperimentale dovrebbe avere tre percorsi.
Il primo prevede l’anticipo di un anno dell’iscrizione della scuola primaria. Il secondo dovrebbe sperimentare la riduzione di un anno in classi intermedie: o tra il 4^ e 5^ anno della scuola primaria o tra il 1^ e il 2^ anno della scuola secondaria di 1^ grado. Il terzo percorso prevede la riduzione di un anno della scuola secondaria di II grado.
Il nostro netto rifiuto a questo atto improvviso e inconsueto non può certo nascondere la nostra consapevolezza che la questione è da tempo presente nel dibattito sulla scuola.
Per questo la riflessione - che abbiamo già avviato nelle nostre precedenti riunioni - va continuata e approfondita.
Noi lo abbiamo già affermato. La questione dell’allineamento tra il nostro sistema scolastico con quello di alcuni dei principali paesi europei - che fanno terminare l’istruzione a 18 anni - deve rappresentare un’occasione per il rilancio della nostra scuola.
Non può essere un’operazione di architettura ordinamentale o, peggio, di pareggio di bilancio: si riduce un anno e così i risparmi si possono investire nell’ampliamento dell’offerta formativa.
Questa non è un’ottica di prospettiva. Devono invece entrare in gioco tutte le questioni collegate agli obiettivi di sviluppo del paese e di miglioramento del sistema educativo e deve essere condotto un esame puntuale e realistico sulle condizioni per raggiungerli.
Intanto sarebbe utile e trasparente conoscere gli esiti della commissione incaricata di produrre ipotesi di revisione della durata del percorso scolastico. Ma, comunque, senza un confronto con il mondo della scuola e con le OO.SS. su tutte le questioni non si giungerà a una proposta condivisa e utile.
Lo SNALS riafferma, dunque, che alla scuola non serve un’altra “riforma epocale”, come in effetti sarebbe quella di intervenire di nuovo sugli assetti dei due cicli che, peraltro, stanno compiendo il loro faticoso cammino di entrata completa a regime.
Ribadiamo, invece, che la questione dell’età di uscita dai percorsi scolastici deve partire da una profonda riflessione: su “cosa” è oggi la scuola, sul contesto nazionale e mondiale nel quale svolge la sua funzione, su come sono i giovani d’oggi e come saranno quelli di domani, come manifestano le loro capacità fin dalla più tenera età, quando ci sorprendono con le loro abilità cognitive e digitali.
C’è da interrogarsi, quindi, sulle caratteristiche delle giovani generazioni, sulle loro modalità di apprendimento, sulle loro nuove esigenze di sapere e su quali ambienti di apprendimento occorre costruire, che sono strutturali, materiali e tecnologici, ma anche culturali e metodologici.
Occorre riprendere la riflessione su chi ha la responsabilità di questi ambienti, su chi sono i protagonisti, quali sono le condizioni di lavoro e come possono essere migliorate.
Il discorso è, dunque, su quale ruolo è chiesto ai docenti, come intellettuali, come promotori di cultura e di formazione civile. Come prepararli e come sostenerli, come remunerarli.
Ma potrebbero essere anche altri gli animatori della comunità educativa, per altri bisogni e per altro tempo a scuola, in cui aprire spazi di formazione e di socialità, senza confusioni di ruolo e di professionalità.
Con questi presupposti, si possono aprire riflessioni non sul tempo scuola – su cui bisogna fare chiarezza – ma sul tempo di apertura delle strutture scolastiche, sulla quantità di risorse necessarie e da quali fonti e soggetti debbono provenire.
Basta con le sporadiche “uscite” di politici che periodicamente, ma in modo ricorrente, compaiono con annunci di interventi su calendario, vacanze, orari e attività.
Tutto effimero e strumentale, ma ugualmente dannoso perché mette subdolamente sotto attacco tutto il personale, in primo luogo gli insegnanti, e l’intero sistema. Parlare di scuola per migliorarla vuol dire ben altro, con altri metodi e altri contenuti.
La modifica dell’età di accesso ai percorsi di studio e nuove modalità dell’ampliamento dell’offerta formativa, curricolare e libera, sono una partita importante per un sindacato che tiene al futuro della scuola, dei giovani e del paese.
Occorre però un’altra visione, anche sul versante della spesa, dove non possiamo più procedere, come finora avvenuto, per settori separati, sovrapposti e confusi.
Bisogna analizzare gli investimenti in istruzione e formazione non per singoli segmenti o soggetti “erogatori”, ma per interesse e destinazione: le giovani generazioni, le famiglie, le imprese.
L’allargamento dell’offerta formativa, non solo per bisogni di istruzione curricolare ma anche per quelli estesi, impone di considerare molti aspetti.
Innanzitutto significa farsi carico delle motivazioni e delle inclinazioni dei giovani, per sottrarli a influenze improprie - dai mass media ai condizionamenti ambientali, soprattutto in alcuni territori – ma anche dei servizi di assistenza e di sostegno alle famiglie e alle donne in particolare.
Queste esigenze possono trovare una maggiore possibilità di soluzione se si considera tutta la spesa pubblica, quella dello Stato e quella degli Enti Locali.
Insomma, noi siamo disponibili a ragionare sulla questione dell’uscita a 18 anni dal percorso scolastico, ma non sulla riduzione di un anno dei cicli di istruzione.
L’anticipo dell’età di ingresso a scuola può allora essere la strada meno “stravolgente” che potrebbe avere una qualche possibilità di essere seriamente considerata.
Si dovrebbe prevedere, però, anche l’anticipo dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia a due anni d’età, prevedendo l’obbligatorietà dell’ultimo anno di frequenza e, dunque, la sua sostanziale generalizzazione.
Soluzione che non snaturerebbe il carattere di “scuola” di questo primo e fondamentale segmento di istruzione, che darebbe una soluzione alla questione delle sezioni primavera, destinate ai bambini da 24-36 mesi, e che darebbe così più garanzie a famiglie e bambini di usufruire di pari opportunità.
Agli Enti locali potrebbero derivare risorse da investire nei servizi socio-educativi, oggi rivolti ai bambini di 0-3 anni. Attualmente, infatti, le lunghe liste d’attesa impediscono, in molti casi, il riconoscimento del diritto all’accesso di molti cittadini italiani, che si vedono deprivati dal servizio perché destinato prioritariamente ad altre emergenze e precarietà sociali.
Il conseguente anticipo generalizzato alla scuola primaria allineerebbe di fatto l’età dei bambini che vi accedono. Già oggi con la normativa vigente possono, infatti, entrarvi ben prima dei sei anni e, in linea teorica i bambini all’inizio della prima classe hanno un consistente divario d’età, andando dai 5 anni e 4 mesi ai 6 anni e 8 mesi.
L’anticipo dell’età di accesso ai percorsi scolastici sarebbe, peraltro, reso maggiormente possibile dall’impostazione dei nuovi curricoli e, in particolare per il primo ciclo di istruzione, dalla costituzione generalizzata degli istituti comprensivi e dalle nuove Indicazioni Nazionali, unitariamente fondate sulla costruzione di un curricolo di scuola e sulla progettazione flessibile e personalizzata.
Va ribadito, dunque, che il prioritario intervento dello Stato è a garanzia dell’istruzione di qualità con un curricolo e un tempo scuola assegnato ai docenti, mentre gli interventi degli Enti Locali e delle Regioni dovrebbero assicurare altre attività, nelle strutture scolastiche, da affidare ad altre figure ed ad altri profili professionali.
Le famiglie, invece, potrebbero concorrere economicamente agli oneri per le attività di recupero e rafforzamento sugli apprendimenti curricolari che potrebbero essere svolte, su base volontaria e libera, dai docenti delle scuole statali.
E’ la proposta - già da tempo formulata dallo SNALS - di prevedere, anche per i professionisti della scuola, di svolgere attività in maniera trasparente e regolamentata con specifici strumenti giuridici e contrattuali, sotto la forma di uno speciale regime di intramoenia.
Un istituto che potrebbe presentare molti vantaggi, sia alle famiglie cui dovrebbero essere riconosciute forme di defiscalizzazione, sia ai docenti, che vedrebbero ulteriormente riconosciute le loro competenze e la loro professionalità.
Sui bisogni formativi, sugli obiettivi di qualità e sugli oneri bisogna fare ulteriore chiarezza.
Grazie alla pressione sindacale, nel decreto sulle semplificazioni, convertito nella legge 35 un anno fa, all’articolo 50 era indicata la vera misura necessaria alla scuola.
La misura più urgente, quella che può dare respiro allo sviluppo della scuola italiana, è l’organico pluriennale di istituto e di rete del personale docente ed ATA, su cui calcolare il numero delle assunzioni annuali e su cui fondare la programmazione del fabbisogno di risorse professionali, su base almeno triennale, che deve portare alla determinazione anche del numero dei posti per i corsi di TFA e per i concorsi.
Un organico calcolato su un numero di posti che non è la semplice somma di quanto occorre per l’insegnamento curricolare/frontale, ma che deve considerare tutte le esigenze per il buon funzionamento delle scuole autonome, come peraltro indicato nel decreto stesso.
In modo chiaro, lo SNALS ribadisce che la priorità è quella dell’organico pluriennale di istituto e di rete che deve essere costituito - come parametro numerico essenziale e iniziale - da tutti i posti di organico di diritto e di fatto, e a invarianza di regole sulla costituzione degli organici, da tutti gli spezzoni orari, da tutti i posti in deroga sui posti di sostegno e sui posti ordinari in deroga sia per il personale docente che ATA.
Nell’organico funzionale potrebbero trovare una piena valorizzazione anche i docenti inidonei, con un loro utilizzo su specifiche attività legate alla progettazione delle scuole, anche collegate in rete, che seppure senza un rapporto di insegnamento in classe, si vedrebbero riconosciuta la loro esperienza professionale e mantenuta la qualifica docente.
Per far diventare, infatti, tutte “buone” scuole servono risorse professionali adeguate e condizioni organizzative utili a dare risposte diversificate ai vari territori, a promuovere lo sviluppo delle eccellenze, a realizzare il recupero e l’integrazione.
Solo un gruppo di insegnanti stabili nel tempo, senza l’inutile distinzione tra organico di diritto e di fatto, garantisce la continuità didattica, un’offerta formativa che tenga conto delle modalità di apprendimento delle giovani generazioni e un dialogo costruttivo con gli Enti Locali e i servizi socio-assistenziali del territorio.
E’ un provvedimento che serve agli insegnanti, perché rende più efficace il loro impegno nella progettazione didattica e nell’aggiornamento, di sicuro contribuisce a eliminare il precariato ed evita le esternalizzazioni del personale ATA, improduttive sia sotto il profilo finanziario che funzionale.
E’ utile anche allo Stato e a suoi investimenti, perché la buona riuscita di progetti di ricerca e di innovazione e anche la piena utilizzazione delle risorse materiali, in particolare di quelle tecnologiche, sono condizionate dalla stabilità del personale e dalla possibilità di adottare progetti pluriennali.
Anche in questo caso, occorre una considerazione sugli oneri che questa positiva prospettiva di qualità comporta. Sappiamo bene che l’obiezione principale è quella dell’invarianza di spesa.
Da tempo lo SNALS ha dimostrato che l’organico funzionale di istituto e di rete non comporta nuovi e aggiuntivi oneri finanziari.
La maggiore spesa potrebbe derivare dalle ricostruzioni di carriera del personale precario che avrebbe l’assunzione a tempo indeterminato. Ma questa operazione ha diverse compensazioni.
L’equilibrio di spesa viene, ad esempio, dal turn over, quindi con la fuoriuscita del personale a più alta retribuzione, dalla prevista non corresponsione del primo gradone dopo i primi due anni, dall’assegnazione delle ore di supplenza a docenti interni alle scuole o su rete collocati su posizioni retributive più basse, dalla riduzione della quantità degli oneri per l’indennità di disoccupazione per i precari a carico dell’INPS, ma che poi lo Stato ripiana e da un maggior gettito Irpef per il maggior numero di persone stabilizzate.
La previsione normativa sull’organico funzionale è stata totalmente disattesa. Si è preferito, invece, inseguire accelerazioni su altri temi o adottare interventi, con le mai abbandonate circolari, che salvano l’immagine dell’amministrazione centrale ma che ingenerano altra sfiducia e ulteriori difficoltà alle scuole e al personale.
Gli ultimi interventi sono, in tal senso, esemplari.
Mi riferisco alla circolare sui contributi delle famiglie, dove in punta di diritto, con toni perentori e con la minaccia di controlli e sanzioni, si riafferma che il versamento deve avere carattere assolutamente volontario.
Le pressioni delle scuole sono, dunque, illegittime. Sarebbe tutto giusto in un paese normale dove lo Stato garantisce un normale funzionamento delle scuole.
Così non è. Le scuole, con finanziamenti pubblici sempre più ridotti, sono costrette a cercare risorse finanziarie alternative, che possono venire soprattutto dalle famiglie, sia per le spese di prima necessità sia quando condividono con la scuola progetti innovativi come la scuola digitale.
Sono sempre più numerose, infatti, le scuole dove, pur escluse dai fondi ministeriali, sono state possibili esperienze avanzate proprio grazie al sostegno delle famiglie e, soprattutto, alla credibilità della comunità professionale della scuola.
Anche nella circolare sui Bisogni Educativi Speciali, il ministero ha seguito la stessa logica, con una delega completa alle scuole e con l’assegnazione di compiti aggiuntivi, peraltro, ricomprendendo nei BES molte altre situazioni a cui dedicare strumenti compensativi, misure dispensative e la personalizzazione della didattica.
Ma è chiaro che a problemi complessi non si possono dare risposte riduttive e semplicistiche o peggio, enunciando obiettivi strategici e di civiltà, ma lasciando alle scuole la responsabilità di “cavarsela” da sole, senza assicurare, come sarebbe doveroso, strumenti e risorse.
Da anni è mancato un serio impegno del Miur verso il Ministero dell’economia per farsi assicurare finanziamenti più consistenti e anche puntuali.
Ormai, sotto vari governi, il Miur sembra avere del tutto abbandonato ogni pretesa di una propria politica e abbia delegato al MEF ogni decisione reale, in una sorta di sostanziale commissariamento.
Le risposte necessarie ai giovani, al sistema educativo, al personale Come abbiamo indicato nel manifesto SNALS, c’è l’impellenza, infatti, di dare risposte a tre principali soggetti.
Innanzitutto, alle giovani generazioni, per ridurre la percentuale di ragazzi che non hanno né un diploma né una qualifica professionale e per aumentare le loro prospettive occupazionali.
Poi al sistema scolastico nel suo complesso, per il miglioramento generalizzato della sua efficacia formativa assicurando a tutte le istituzioni scolastiche risorse professionali stabili, strutture sicure, finanziamenti adeguati e certi, risorse tecnologiche diffuse, alleggerimento burocratico.
Occorre formulare non solo obiettivi strategici, ma soprattutto individuare mezzi, risorse, tempi e soggetti che possano determinare dei veri progetti con obiettivi concreti, raggiungibili e verificabili.
Infine, occorre dare finalmente risposte al personale della scuola, dirigenti scolastici, docenti e personale ATA, assicurando migliori condizioni di lavoro, risorse per l’aggiornamento e la formazione in servizio e la stabilizzazione del precariato.
Su quest’ultimo terreno, abbiamo dedicato un vasto approfondimento nello scorso Consiglio Nazionale, nella Conferenza Organizzativa di gennaio, nel manifesto politico-programmatico e nella nostra azione quotidiana, a tutti i livelli.
Nel nostro manifesto avevamo, inoltre, indicato che il nostro sistema educativo ha l’esigenza di avere un quadro certo e organico di riferimento in relazione alla Valutazione di sistema e valutazione delle scuole e sugli Organi di governo della scuola.
Sul primo tema, quello della valutazione, lo SNALS ne ha sempre sottolineato la connessione con l’autonomia.
Abbiamo affermato la necessità di un sistema di valutazione per la promozione della qualità che deve avere, per tutti gli organismi e le attività, adeguati finanziamenti per evitare ulteriori carichi di responsabilità e impegni al personale della scuola, senza i dovuti riconoscimenti economici.
Tutte questioni che il regolamento approvato - con una fretta giustificata dagli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea, in vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020 - dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 marzo, non chiarisce e non risolve.
C’è, comunque, da registrare l’abbandono di quell’ottica a cui ci siamo fortemente opposti, che intendeva “premiare” pochi docenti, all’interno di ogni scuola, sulla discutibile base della “reputazione”, sganciata dall’esperienza maturata negli anni di servizio.
Un parametro da noi sostenuto e che è riconosciuto in Europa come elemento professionalizzante, tanto che l’accelerazione della carriera è molto più veloce che in Italia.
Si è disegnata l’architettura del sistema di Valutazione, i compiti dei vari soggetti, alcuni dei quali “virtuali” come il corpo ispettivo, altri senza quel carattere di indipendenza e terzietà, come l’INVALSI, altri con un sovraccarico di compiti e di risorse, come l’INDIRE.
E’ solo una cornice e l’inizio di un percorso dove andranno declinate azioni di buona amministrazione, rapporti corretti con le scuole e rafforzato soprattutto lo scopo di una valutazione che serva veramente alla scuola, che le possa permettere di lavorare in modo più consapevole per favorire la qualità dei risultati e il miglioramento del servizio.
Solo così la valutazione è fattore essenziale di equità, oltre che di qualità: fattore di promozione e non di discriminazione, smentendo quelle semplificazioni giornalistiche che hanno fatto intendere che si daranno le “pagelle” alle scuole.
Si potranno così stilare classifiche, si potrà permettere alle famiglie di scegliere la “buona” scuola o peggio si riconosceranno premi alle migliori e magari, come afferma qualche economista, si daranno penalizzazioni e si chiuderanno le scuole che non ottengono risultati soddisfacenti.
Una soluzione falsa, pericolosa e fuorviante. Tutte le scuole devono essere “migliori” per tutti i cittadini e per garantire le pari opportunità formative.
Va però preteso che famiglie e giovani rispettino questo sforzo della Nazione. Non si possono solo reclamare diritti, ma bisogna assolvere anche i doveri, come quello di rendere produttiva la spesa pubblica in istruzione attraverso il rispetto della scuola, l’affermazione della serietà degli studi, l’impegno all’acquisizione di competenze solide e di comportamenti responsabili.
Siamo convinti che questo ci potrà portare a superare la profonda crisi che attraversa l’intero paese e il nostro sistema educativo. Perché è evidente che è questo che conviene al paese, agli studenti, alle famiglie e alle imprese.
Noi chiediamo con forza - come avviene per le indagini internazionali – che nessuno che ha poteri di decisione e di gestione del sistema educativo si sottragga alle proprie responsabilità e al giudizio della collettività.
Occorre mettere in chiaro quale è il contesto normativo e sociale in cui opera la scuola, quali risorse e quali input riceve, organizzativi, finanziari, quali sono i processi, e con quali tempi, di decisione e di gestione. E’ così che si fa la valutazione negli altri paesi.
Poi si può parlare di risultati, perché è evidente che le singole istituzioni scolastiche non possono continuare a compensare un quadro legislativo incerto, confuso e disatteso, mancanze amministrative, carenza di risorse e riduzioni di finanziamenti e una bassa considerazione sociale degli insegnanti.
Nel manifesto programmatico avevamo indicato anche l’urgenza della Riforma degli organi di governo della scuola statale che deve essere un’occasione per la valorizzazione dell’autonomia della scuola, della dimensione tecnico-professionale dei docenti e del ruolo fondamentale di tutto il personale della scuola.
Anche questa legislatura si è chiusa in un nulla di fatto, dopo un estenuante confronto parlamentare, unificazione di testi e proposte e mancate audizioni.
Un altro esempio di inconcludenza della politica e di confusione normativa a cui si aggiunge la mancata proroga del CNPI, con riflessi negativi su una vasta serie di provvedimenti, sulla gestione del personale e con il rischio di contenziosi.
La sfida SNALS su innovazione, servizi e comunicazione Accanto al nostro impegno sulla formulazione delle proposte politico-sindacali e sulle azioni che hanno viste coinvolte le strutture a livello nazionale e territoriale, voglio accennare allo sforzo organizzativo che il nostro sindacato sta compiendo, anche sulla base degli input che sono venuti dallo stesso Consiglio nazionale e dalle Conferenze organizzative.
Ci siamo progressivamente dotati dei migliori strumenti di sostegno ai nostri iscritti attraverso la sempre più completa rete di servizi che coprono sia le loro esigenze professionali, con la consulenza, la formazione e la tutela legale, sia quelle personali, con i servizi assicurativi, bancari, finanziari, commerciali, ricreativi e culturali.
La Carta Confsal Servizi e la copertura assicurativa per le nostre RSU, in particolare, ci rendono concorrenziali anche con le più consolidate esperienze delle altre organizzazioni.
E’ evidente che c’è una tendenza sempre più forte al potenziamento dei servizi e all’attribuzione di attività “in delega” come quelle esercitate dai CAF e dai Patronati. Queste nostre strutture hanno avuto un significativo incremento di utenti e di pratiche, soprattutto in alcune realtà che hanno impresso una svolta nei contatti sul territorio, non solo tra utenti nostri iscritti.
Vorrei soffermarmi, però, su alcuni processi innovativi che servono a migliorare la nostra comunicazione interna.
Due le principali linee di azione. La prima riguarda la veste grafica e la periodicità delle nostre pubblicazioni, proprio a partire da questo mese di aprile.
L’edizione quadri del giornale Scuola SNALS da quotidiano diventa settimanale. In 34 giornali all’anno, di agile formato e di 16 pagine, arriveranno notizie e commenti sulla normativa di maggiore interesse, accompagnata da brevi commenti e con il rinvio al sito www.SNALS.it per la consultazione dei documenti. In meno numeri, ma con una maggiore quantità di notizie, sarà garantito così un flusso costante di informazione ai nostri delegati, RSU e strutture.
A tutti i nostri iscritti SNALS arriverà, inoltre, ogni 15 giorni, per un totale di 18 numeri annui di 12 pagine, l’edizione iscritti del giornale e continueranno a essere pubblicati gli speciali dedicati ai vari settori (ATA, pensionati, amministrativi, AFAM, estero, Università) e i giornali regionali.
E’ un impegno importante che il nostro sindacato rivolge all’informazione, alla formazione e all’approfondimento, indispensabili per svolgere, con consapevolezza e competenza, il ruolo professionale e sindacale di ciascuno di noi.
La seconda linea d’azione si concentra sulla qualità e tempestività dell’informazione e sulla sua facilità d’accesso.
E’ in uno avanzato stato di progettazione la creazione di un apparato informatico sul nostro sito. Attraverso credenziali, quali usermane e password personali, si potrà accedere alla banca dei giornali che potranno essere scaricati direttamente dal sito SNALS, per una fruizione costante e da qualsiasi postazione.
Questa iniziativa si colloca, però, in un più complessivo progetto Scuola SNALS che prevede la realizzazione dell’applicazione Apple per IPhone, IPad e di dispositivi per Tablet Android.
L’innovazione digitale sarà costruita sul Data Base del nostro sindacato, per cui sarà possibile - attraverso la rete internet – visualizzare la mappatura delle sedi scolastiche principali e collegate, di tutte le sedi SNALS-Confsal, dei CAF e dei Patronati. Successivamente, con credenziali e sistemi autorizzativi appropriati, sarà possibile anche l’individuazione delle risorse interne alle scuole.
Un sistema ITC che potrà avere continui aggiornamenti, ma che da subito prevede tutte quelle applicazioni utili a fornire indicazioni per raggiungere, anche attraverso i servizi GPS, le sedi ricercate, che saranno suddivise per tipologie e per ambiti territoriali. In sintesi, attraverso la rete si potrà accedere ad una pluralità di servizi all’interno di quattro macro aree: “cerca scuola”, “scuole intorno a me”, “servizi SNALS” e “edizione quadri del giornale”.
E’ una sfida tecnologica e culturale, sollecitata dall’interno e dall’esterno del sindacato che dobbiamo compiere per ampliare le nostre relazioni e i nostri processi comunicativi, per consolidare la nostra collocazione nel panorama sindacale e per dare maggiore visibilità e credibilità alle nostre azioni.
Il confronto politico su due impegni fondamentali Lo SNALS-CONFSAL proprio perché consapevole della gravità della situazione socio-economica, ritiene che la politica debba trovare il modo di prendere due impegni fondamentali.
Il primo è verso i dipendenti pubblici, con un rinnovato rapporto costruttivo che ne stimoli il senso di appartenenza, ne valorizzi il ruolo, ne faccia la fondamentale risorsa del paese proprio per la realizzazione e l’implementazione dell’azione di governo.
Il secondo impegno deve essere il superamento del blocco dei contratti e il loro tempestivo rinnovo. I soli provvedimenti di tagli lineari e di riduzione delle retribuzioni hanno dimostrato di essere inefficaci, di non risolvere i problemi strutturali del paese, di generare anzi recessione e depressione economica, sociale e psicologica nei cittadini.
Non c’è che un modo di condurre in porto il risanamento finanziario: fare le riforme, ossia studiare il problema, cercare le soluzioni possibili e operare le scelte necessarie nel quadro di un impiego ottimale delle risorse disponibili.
Il contratto di lavoro serve proprio a questo. Bloccare ulteriormente la contrattazione significa cristallizzare la situazione esistente, assecondando il degrado del sistema.
Il contratto è lo strumento di cui servirsi per affrontare alcune delle più importanti questioni di cui soffre la scuola italiana.
L’esperienza dimostra che, per via contrattuale, sono state introdotte molte tra le innovazioni più significative della nostra scuola, smentendo chi si è ostinato a ridurre gli spazi della contrattazione per affermare il primato della legge e i comportamenti dirigistici.
Con il contratto abbiamo arricchito le funzioni degli organi collegiali, creato le funzioni strumentali al POF, che costituiscono già un abbozzo di diversificazione di compiti e di carriera dei docenti - anche se da modificare e approfondire - e abbiamo dotato le scuole di reali strumenti di partecipazione nelle scelte organizzative.
Anche la valutazione potrebbe trovare un avvio di regolamentazione contrattuale, indispensabile per il riconoscimento di compensi per l’aggravio di lavoro in relazione all’autovalutazione, ai piani di miglioramento ed anche alle rilevazioni INVALSI, perché certo non basta affermare per legge che tale compito è attività inerente alla funzione docente.
Noi siamo perciò convinti che lo strumento contrattuale può essere utilizzato appieno, non solo per dare risposte al personale, con un adeguamento retributivo allineato ai principali paesi dell’eurozona a cui è legato anche il riconoscimento sociale, ma anche per generare innovazione, in un clima di condivisione.
In conclusione, il quadro tracciato dimostra come lo SNALS-Confsal stia affermando concretamente il ruolo che compete a un corpo intermedio, essenziale in una società complessa.
Lo SNALS è, dunque, impegnato in una reale mediazione degli interessi, nel campo della tutela di tutto il personale e nel sostegno fattivo allo sviluppo e alla qualità del sistema educativo italiano, dell’università, dell’Afam e della ricerca.
Vi ringrazio dell’attenzione e auguro a tutti un buon lavoro.
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