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  Articolo n. 3922 - © News SNALS-Confsal Brindisi - 688 letture
LISBONA - CONVEGNO CESI: PROFESSIONISTI E SINDACATI DELL'ISTRUZIONE - L'INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE ELVIRA SERAFINI
Postato Sabato, 24 Novembre 2018, ore 10:05:00 da Amministratore

AZIONI DEL SINDACATO



Lisbona, 23 novembre 2018 - CESI - Tavola Rotonda: Il ruolo delle parti sociali nel migliorare la percezione della professione insegnante. quale contributo delle parti sociali in termini pratici? ...



Si è tenuto, in data 22 e 23 novembre 2018, a Lisbona,  il Convegno  “Professionisti e sindacati dell’istruzione: orizzonte 2025” organizzato dalla CESI, la Confederazione Europea dei Sindacati Indipendenti, di cui la Confsal è uno dei membri italiani.

Il Segretario generale, Elvira Serafini, in rappresentanza della Confsal e dello SNALS, ha partecipato alla tavola rotonda “Il ruolo delle parti sociali nel migliorare la percezione della professione insegnante: quale il contributo delle parti sociali in termini pratici?”.

Intervento Elvira Serafini (CONFSAL) Italia

A nome dello SNALS, della Confsal e mio personale, porgo i miei saluti alla CESI, all’Accademia, ai relatori di questa tavola rotonda e a tutti i partecipanti.

Il tema assegnato è particolarmente impegnativo perché chiama in causa il ruolo del sindacato nella società attuale, in un momento in cui le forme di rappresentanza e di partecipazione sono messe in discussione dai mutamenti della società e del mondo del lavoro.

Trasformazioni che investono il ruolo delle istituzioni educative e dei loro operatori, in primo luogo degli insegnanti. Richiamo sinteticamente quattro punti di attenzione che caratterizzano il contesto attuale e che hanno grande influenza sulla funzione degli insegnanti e sulla loro considerazione sociale.

Il primo punto: il cambiamento profondo nel modo di apprendere e di studiare degli studenti, di trattare le conoscenze e di rivolgersi alle fonti di informazioni. Cambia però anche il loro sistema di relazionarsi con gli adulti che educano e insegnano. Da ciò deriva la necessità di un ripensamento sugli ambienti di apprendimento, sul profilo professionale dei docenti e sulle loro competenze: tutto ciò però non deve tradire la loro funzione di costruttori di sapere e di pensiero critico e libero.

Il secondo punto: la mancanza di una condivisione dei valori in campo educativo, in una società che va verso una concezione troppo utilitaristica dell’istruzione, dove non trova spazio, accanto alla costruzione delle competenze, l’indicazione dell’orizzonte di senso e di significato della conoscenza e della cultura nella vita delle persone, nella società e nell’economia.

Il terzo punto: la presenza di un quadro generale di frammentazione, di isolamento, di solitudine, anche tra i giovani, mentre non è chiaro ciò che va chiesto alla scuola, che non può essere un “contenitore” di tutte le emergenze educative e sociali. Ciò è dovuto anche alla famiglia e alla società che hanno ceduto gran parte delle loro funzioni alla scuola, a cui delegano molti compiti educativi, l’orientamento ai valori e ai comportamenti socialmente accettabili, il sostegno alle molte fragilità dei giovani di oggi, il contrasto ai fenomeni di marginalizzazione e prevaricazione.

Il quarto punto: la diffusione di fenomeni complessi. Ci troviamo ad affrontare nuovi processi, alcuni dei quali rappresentano sfide ai nostri strumenti di interpretazione e di intervento: la globalizzazione, i flussi migratori, gli squilibri sociali, l’innovazione tecnologica, le disuguaglianze nelle condizioni economiche, nelle opportunità di vita e, soprattutto, nei livelli d’istruzione.

Sono tutti fenomeni presenti nei processi nazionali e sovra-nazionali che stimolano a interrogarci sull’assetto della società e a riflettere sugli obiettivi formativi della scuola, sui diritti e sulla dignità di ciascuna persona che la scuola deve tutelare e sul ruolo degli insegnanti.

Quale contributo può dare il sindacato? Ritengo che l’azione delle parti sociali possa e debba essere fondamentale perché possono operare a livello di politiche generali e settoriali, all’interno dei singoli Paesi e a livello europeo, affinché si possano affermare alcuni fondamentali principi e ottenere le conseguenti misure.

Indico, in sintesi, cinque priorità e piste di intervento.

La prima priorità: mettere l’educazione al centro delle politiche. L’educazione deve rappresentare la questione centrale della discussione pubblica, al pari dell’economia di cui si discute tutti i giorni, ma dove non trova spazio la riflessione sulla povertà educativa. La serietà degli studi, la conoscenza e la cultura sono strumenti per il riconoscimento del merito e per la mobilità sociale, sono un fattore di contrasto delle discriminazioni sociali ed economiche, sono indispensabili presupposti per una società democratica che fa propri i valori dell’integrazione, dell’inclusione e della promozione delle eccellenze.

Il sindacato deve mettere al centro della sua azione e delle sue rivendicazioni la centralità della persona e deve porsi l’obiettivo dell’accesso universale all’istruzione sia dei giovani che degli adulti a partire dal diritto al continuo incremento delle conoscenze e abilità. In tal modo si risponde alle sfide dei nuovi processi di organizzazione, di produzione e di digitalizzazione, che richiedono competenze più elevate e l’attivo coinvolgimento delle persone.

La rivendicazione di questo diritto per le persone e per i lavoratori contribuisce a dare un ruolo strategico agli insegnanti, a ogni livello e in ogni istituzione dove si esercita la loro professione.

La seconda priorità: riconoscere il ruolo sociale della scuola e degli insegnanti e adottare misure a sostegno della professionalità. Le scuole sono un presidio di legalità, di convivenza civile, di integrazione e di accoglienza, di vera resistenza verso una “cultura” che non ha certo l’obiettivo della scuola: quello di formare persone libere.

Mi riferisco alla capacità della scuola di promuovere la formazione di tutti e di ognuno, di accogliere anche gli alunni con cittadinanza non italiana, i minori non accompagnati, i giovani negli istituti carcerari e negli ospedali.

Mi riferisco, in particolare, all’esperienza italiana di garantire nelle classi comuni il diritto all’istruzione degli studenti con disabilità. Quando parliamo di scuola ci riferiamo a un mondo complesso dove sono in gioco bisogni formativi differenziati che hanno bisogno di concrete misure.

Il sindacato in Italia sta ancora conducendo una dura battaglia affinché ciò che la legge previde si traduca in effettive condizioni per la scuola e per la sua “missione istituzionale” rivolta a tutti i giovani.

Ancora oggi stiamo conducendo la nostra battaglia contro la carenza di insegnanti specializzati per il sostegno agli alunni con disabilità, l’insufficienza di fondi per una formazione in servizio mirata, la realtà di scuole con troppi studenti e di classi troppo numerose, il fenomeno del precariato. Tutto ciò impedisce efficacia educativa, relazioni costruttive e controllo sui comportamenti.

Queste condizioni influiscono direttamente sull’esercizio della funzione docente, creano demotivazione e stress e generano nell’opinione pubblica una percezione di non qualità sia rispetto alle scuole sia ai singoli professionisti dell’istruzione.

Attraverso gli strumenti della partecipazione sindacale e la contrattazione stiamo mantenendo un forte presidio su tutti questi fenomeni con proposte concrete su investimenti finanziari e processi organizzativi.

La terza priorità: costruire un’alleanza tra istituzioni. Le politiche educative e formative hanno bisogno di una svolta culturale e di una  responsabilità collettiva. Non è questione di individuare soggetti che devono assumersi responsabilità singole, ma piuttosto quella della messa in campo di intelligenza, creatività e cultura che tutti siamo chiamati a mobilitare per interpretare scenari nazionali e mondiali e bisogni diffusi.

Occorre creare un nuovo contesto di alleanze tra istituzioni nazionali e locali che operano a garanzia dell’interesse pubblico; serve anche re-interpretare l’alleanza scuola-famiglia e a darle nuove pratiche, soprattutto rispetto agli episodi di violenza e prevaricazione verso gli insegnanti che sono sempre più frequenti.

La scuola non può essere lasciata sola e non basta che l’amministrazione si costituisca parte civile nelle aule dei tribunali, anche se è un atto importante. Serve piuttosto una presa di coscienza dell’intera società.

Il sindacato, corpo intermedio e presente ai tavoli di confronto di tutti i livelli territoriali e istituzionali, deve dare il suo contributo perché le scelte siano indirizzate verso l’istruzione e la ricerca, che hanno effetti significativi anche in campo economico.

I dati confermano che aziende con imprenditori e lavoratori più istruiti si posizionano meglio sul mercato, hanno tenuto meglio la crisi economica, sono più produttive, aumentano l’uso delle tecnologie e attivano processi innovativi.

Tutto ciò ha impatti rilevanti: sull’aumento dei posti di lavoro, sulla crescita economica, sull’occupabilità delle persone e sulla loro soddisfazione lavorativa.

La quarta priorità: valorizzare gli insegnanti attraverso i contratti collettivi. Il Contratto di lavoro deve rimanere la strumento principale per valorizzare tutte le professionalità all’interno della scuola e principalmente quella dei docenti e per tutelare l’autonomia e la libertà d’insegnamento e di ricerca.

In questo momento in cui in Italia si sta discutendo la manovra finanziaria dove devono essere inserite le risorse per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il personale dell’Istruzione e della Ricerca.

Lo Snals – la federazione che rappresenta scuola, università, alta formazione artistica e musicale e enti pubblici di ricerca - insieme alla Confsal -la confederazione generale dei lavoratori autonomi - stanno seguendo, con grande attenzione e determinazione, l’intero iter parlamentare della legge di bilancio.

Vogliamo valutare il Governo nella sua volontà di considerare la scuola settore di investimento e non di spesa e di riconoscere agli insegnanti italiani il diritto ad avere retribuzioni almeno pari alla media dei Paesi dell’eurozona.

Il prestigio sociale passa anche attraverso stipendi che riconoscano finalmente il loro impegno e il loro ruolo nella società.

Il sindacato non solo deve dare voce al diffuso disagio e difendere diritti, ma deve anche raccogliere la volontà dei lavoratori della scuola di riconquistare credibilità e autorevolezza.

Obiettivi del nostro sindacato sono, dunque, retribuzioni europee e il riconoscimento di un ruolo che non deve essere appiattito su logiche impiegatizie e burocratiche, ma che deve riprendersi lo spazio di decisione sull’organizzazione del lavoro. Per questo siamo impegnati a riportare importanti materie del rapporto di lavoro nella contrattazione sindacale, sottraendole all’esclusivo potere della parte datoriale, che nel caso italiano è lo Stato.

La quinta priorità: considerare gli insegnanti costruttori di una nuova Europa. L’orizzonte europeo, al quale occorre dare una diversa prospettiva, deve trovare nell’istruzione e nella cultura il suo pilastro per politiche di maggiore attenzione ai diritti, alla coesione sociale e alle istanze dei cittadini e dei lavoratori, rispetto alle esigenze dell’economia e della finanza.

È indispensabile un’Unione Europea che riprenda in mano la sua vocazione culturale coniugandola con l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo sostenibile.

Il sindacato deve porre con forza la questione degli investimenti nel settore dell’istruzione e della ricerca, nella promozione della professionalità degli insegnanti e nell’interazione con le politiche attive per il lavoro.

Il futuro è l’innovazione, la formazione e la professionalizzazione dei lavoratori per creare nuovi posti di lavoro e migliore occupazione.

Sono convinta che la CESI e tutti i Sindacati Indipendenti possono essere determinanti nella costruzione di una vera Unione europea tra istituzioni e popoli, dove gli insegnanti giocano un ruolo veramente cruciale.

(Scarica l'intervento in pdf)










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